L'inferno sono gli altri (J.P.Sartre)



L'opera teatrale di Sartre "A porte chiuse" contiene la sua frase forse più celebre: l'inferno sono gli altri.
In questo dramma i tre protagonisti sono chiusi in una stanza dell'inferno e non fanno altro che accusarsi a vicenda dei peccati commessi in vita, cercando allo stesso tempo di essere capiti e perdonati dagli altri due. Morale della favola? La porta della stanza era sempre rimasta aperta ma i tre sono rimasti intrappolati nelle loro discussioni, nei rapporti che si sono creati, nel giudicarsi l'un altro. Non c'è amore, non c'è fiducia. L'inferno quindi per ciascuno dei tre è rappresentato dai giudizi degli altri due, che lo bloccano pur se la porta era aperta da sempre. Siamo bloccati nei rapporti con gli altri e questo è il vero inferno. Possiamo svincolarcene? Sì, certamente sembra dire Sartre se sappiamo vivere da soli. Se non abbiamo bisogno degli altri e del loro giudizio del loro amore della loro comprensione del loro perdono, possiamo essere liberi. Purtroppo spesso finiamo intrappolati nel desiderio folle di piacere a qualcuno, di farci amare, di farci capire, di non esser soli. Questo è l'inferno in terra, forse proprio perché  ce lo aspettiamo come un paradiso che non esiste. Siamo soli, senza scuse, dice Sartre in un altro testo. Tutte le aspettative che abbiamo verso gli altri costruiscono giorno dopo giorno la nostra stanza infernale.

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