«Se mai dovessi parlare di amore e di stelle... uccidetemi.» (C. Bukowski)

Quel che mi ha colpito di questa frase del grande poeta, è che io ho spesso, quasi sempre parlato di amore e di stelle, quasi fossero sinonimi,come lui stesso vuol dire. Apprezzo molto l'ironia di questa citazione. Di cosa può parlare un poeta se non di amore e di stelle che nascono, si scontrano, illuminano, muoiono? Forse la poesia non ha più molto da dire. Eppure come notavo pochi giorni fa, la gente vuole ancora leggere di amore. Forse vuol ancora sognare o forse illudersi. Le due parole però non sono sinonimi. Chi si illude SA che il sogno è finito, si è destato eppure vuol continuare a tener gli occhi chiusi. Per cui è lecito sognare l'amore ma non illudersi di esso. Differenza abissale direi che pochi colgono. Spesso si cerca disperatamente di tener gli occhi chiusi, continuare a illudersi che potrà andar bene, che come nelle favole tutto finirà bene. Ci sono vite reali che si concludono come favole, non voglio esser pessimista a priori. Ci sono vite tragiche o peggio ancora drammatiche (rimando a un futuro post la distinzione fra tragico e drammatico) che invece si illudono di essere delle favole. Dicesi realismo. Ogni vita e ogni destino è diverso da ogni altro. Vietato dire che l'amore  vince e il  male, ovvero la viltà, la bugia, la cattiveria e l'egoismo perdono. Quando mai? Ogni partita è a se stante, ogni vita unica e irripetibile. Ciò che è certo non è l'amore e neppure lo sono le stelle sopra le nostre teste. L'unica cosa certa sono le nostre azioni, piccole, quotidiane, di cui siamo responsabili. E' tutto ciò che possediamo e che possiamo controllare. Il resto, persino le stelle più brillanti, può morire.

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