Di fronte al dolore innato dell'universo, l'uomo non può nulla se non ridere. (C. Chaplin)

Prendila con filosofia, sembra dirci Chaplin. Mi piace molto questa frase perché coniuga il pensiero di due filosofi molto distanti fra loro, almeno in apparenza. Schopenhauer iniziava la sua opera principale chiedendosi "Perché ogni vivere è per essenza un soffrire?". Il dolore per lui è quindi innato nell'universo come per Chaplin. Il motivo è che siamo dominati dalla volontà di vivere, non quella personale, soggettiva, ma dalla volontà di vita che pervade l'universo e che ci spinge ad avere bisogni a soddisfare. Chi meno vuole è l'essere più felice. D'altra parte questa visione amara della vita, seppur veritiera, porta per il filosofo tedesco a una conseguenza estrema: l'ascesi mistica, ovvero il lasciarsi morire di stenti, non desiderare più nulla. Del tutto contrario a questa ipotesi si mostra Nietzsche, l'inguaribile ottimista, secondo il quale la vita va amata per quella che è con tutti i suoi piaceri e dolori. In realtà egli non intende l'amore come attaccamento assoluto ( come non deve esserlo nessun amore a mio avviso) ma come gratitudine nei confronti della vita. "Bisogna separarsi dalla vita come Ulisse da Nausicaa: più benedicenti che innamorati", recita un suo aforisma. Di fronte a ciò, l'uomo per Nietzsche deve vivere gioiosamente e con leggerezza, come un bambino che gioca. Questo mi ha ricordato la frase di Chaplin. Forse Nietzsche sarebbe stato riluttante a parlare di dolore innato dell'universo, poiché a suo avviso solo i deboli e i malati soffrono Questa posizione risulta però estremista quanto quella di Schopenhauer, che lui odiava tanto per il suo pessimismo. Mi sembra che Chaplin abbia trovato un equilibrio precario ma proprio per questo perfetto, dato che ogni equilibrio, tanto più quello perfetto, è precario. Ridere di fronte al male che indubbiamente anima il mondo. Che altro farne?