Pensando a questa frase della grande poetessa, il mio primo pensiero è andato ad una disciplina che con la poesia ha ben poco a che vedere, la fisica. Ben poco me ne intendo, ma c'è una legge nella dinamica che afferma che ad ogni reazione ne corrisponde una uguale ma contraria. Possiamo dunque leggere la citazione come una traduzione esistenzialista di questo principio fisico: a ogni male corrisponde il suo contrario, quindi un bene. Che fosse questo il colpo di ritorno di cui parlava l'autrice? A me sembra una visione molto ingenua dell'esistenza. La vita non è un'equazione e credo che quando si tratti di soppesare gioie e dolori, i conti non tornino mai. Vorremmo altrimenti dire che per ogni 10 sofferenze ci toccano di sicuro 10 gioie? Mi pare del tutto ridicolo affermare una teoria del genere. Forse invece ogni male ha il suo colpo di ritorno come un boomerang che per quanto lanciamo lontano, torna indietro e ci viene addosso. Ogni male è destinato ad avere un ulteriore contraccolpo, anche dopo che l'abbiamo provocato o subito, o meglio soprattutto dopo che l'abbiamo provocato o subito. Il male, fatto o subito, non si cancella, non svanisce nell'etere come se nulla fosse. Resta su questa terra. Nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma. Il male forse no. Nessuna legge potrà mai affermare che il male col tempo si trasformi in bene. Il dolore può fare molto di più, è mutevole e può darci molte soddisfazioni. Al male bisogna solo fuggire il più lontano possibile, perché resta nel mondo della vita e può tornare a colpirci. Dante sosteneva che ci perseguita anche dopo la vita, tanto che le anime infernali sono costrette a vivere sotto la legge del contrappasso, pagando due volte tanto quel che han fatto in vita. Del male che compiamo siamo responsabili e spero vivamente che chi ne fugge venga un giorno o l'altro travolto da un colpo di ritorno. Dal male che subiamo, non resta che fuggire, trovare un riparo sicuro nella nostra coscienza e chiudere con chiavistelli e lucchetti la porta.
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