Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. (Albert Einstein)


Ho sempre amato questa frase, ci ho pensato e riflettuto a lungo.
E' un monito, un avvertimento forte. Perché invece io pretendo, eccome, che le cose cambino.
Non lo pretendiamo forse tutti, quando siamo tristi, infelici, insoddisfatti?
Ma non sono certo disposta a cambiarle io.
Come se la vita non fosse qualcosa che mi appartiene, come se fosse un film che non mi sta piacendo, pretendo che prosegua in modo diverso, e abbia persino il lieto fine che mi sono immaginata.
Invece il punto è proprio quello, scovare l'errore.
L'errore è che di quel film io sono il regista, scrittore e produttore. 
C'è già una bella dose di menzogna nel fingere di stare in poltrona a osservare quel che succede, quel che gli altri, il destino, la fortuna, Dio, fanno accadere.
Sempre gli altri, terza persona plurale. Loro, non io, dirigono il film.
Menzogna. Aprire gli occhi, prego, e riconoscerlo.
Siamo sempre gli artefici della nostra vita, anche quando viviamo come carta da parati, immobili e passivi.
Nel non fare nulla, siamo registi di un film pessimo, noioso, inguardabile.
La responsabilità e la colpa di questo orrendo risultato è solo e unicamente nostra.
Punto di partenza, al quale per molti è già troppo difficile arrivare.
Ebbene, noi ci siamo arrivati. Abbiamo capito che tocca a noi. Se proprio devi pretendere, pretendi qualcosa da te stesso, non da altri. Sei tu a voler cambiare le cose, da solo.
Traguardo considerevole, non farle cambiare ad altri.
Ma come? Smettendo di fare sempre le stesse cose. 
Ognuno ha schemi mentali e di comportamento consolidati, nel tempo, cicatrizzati con le esperienze, tatuati dentro di noi fino a crederli parte di noi stessi. Le solite vecchie illusioni, aspettative, relazioni: trovare un luogo in cui vivere bene, l'amore eterno, il lavoro perfetto.
Seconda menzogna: non sono parte di noi. 
Noi possiamo cambiare quello che siamo sempre stati abituati a pensare, credere, volere, agire.
Abbiamo tutto il potere di tagliare fuori un personaggio, una scena, un dialogo dal nostro film.
Non solo ne abbiamo il potere: dobbiamo farlo. 
Per non rendere il nostro film un fiasco totale. Dobbiamo sapere che non potremo girarne un secondo. 
Tutto chiaro, quindi. Chiaro, ma non facile. 
Possiamo lasciare un lavoro, un fidanzato, una città in cui non siamo felici. 
Non lo facciamo, però, e non lo facciamo per via della paura. Paura di restare disoccupati, single, soli, smarriti. 
Ci manca solo una cosa: non il potere, non la forza, non la consapevolezza. Il coraggio.
Ma senza di quello, potere, forza, bellezza, intelligenza, fortuna, soldi... sarà tutto inutile.
Perché le cose cambino serve solo coraggio. E quello, ovviamente, non ci viene insegnato, né con amore né a scuola né da una religione.
Lo troviamo da soli, dentro di noi e dentro il nostro dolore. IL dolore è l'unico luogo al mondo in cui si trova il coraggio. E trovarlo è l'unico vero compito della nostra vita. 

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