L’Universo si fonda sulla giustizia, sulla saggezza e sulla libertà di Dio: dunque non può essere che il migliore fra gli infiniti universi possibili. (Leibniz)

La sintesi del pensiero di Leibniz, qui proposta, può sembrare ingenua e passibile di ridicolizzazione. Lo stesso Voltaire dipinse una caricatura del filosofo tedesco, ben riuscita e altrettanto celebre, nel ritratto di Pangloss, l'istruttore dello sfortunato Candido, al quale, nonostante il mondo in cui viveva fosse il migliore possibile, andava tutto storto. 
Eppure, pensando alla scienza contemporanea, viene da sorridere pensando a quanto una filosofia impostata sulla fede, come quella di Leibniz, possa riaffiorare alla mente.
Secondo le più recenti teorie, il nostro universo potrebbe essere solo uno dei tanti che popolano il multiverso.
Non solo. Sarebbe proprio da questa molteplicità di universi possibili, con condizioni diverse, persino opposte e inconciliabili, che è venuto alla luce il nostro.
Quindi siamo incredibilmente fortunati, dato che alla fine, dopo vari tentativi di universi sterili, il caso ha sfornato una combinazione di variabili in cui la vita e l'intelligenza e l'evoluzione sono reali, oltre che possibili.
Oppure siamo noi a creare il multiverso, proprio come secondo Marx e affini abbiamo creato Dio.
Un deus ex machina capace di dare le risposte alle quali non possiamo arrivare.
Oppure? John Horgan scrisse un meraviglioso libro dal titolo "La fine della scienza", allo scopo di dimostrare che no, oltre un certo limite il cervello umano non va, non può non solo capire le risposte, ma nemmeno ipotizzare le domande necessarie alla comprensione del tutto.
E se invece fosse il contrario? Se non esistesse una fine della scienza? Se essa è prodotto della mente umana, o meglio di un desiderio, di un bisogno innato e irreprimibile della mente umana alla comprensione, all'inclusione, al fagocitare l'esterno, il mondo altro, entro la rete dei propri neuroni, perché dovrebbe mai finire?
Finirà mai il bisogno umano di mangiare, digerire, possedere, maneggiare la conoscenza? No. Si tratta di un desiderio figlio dello stesso bisogno di sopravvivenza. Senza conoscenza, non si sopravvive. Senza conoscenza l'uomo si sarebbe estinto, come ogni specie vivente. Ancor prima di scoprire l'impotenza del non riuscire ad afferrare la soluzione, l'assenza del bisogno di conoscerla, avrebbe stroncato ogni possibilità. 
Il nostro è il migliore dei mondi possibili? Importa realmente? O ciò che importa davvero è il nostro bisogno di saperlo? 

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